La saga Kiko – WJCON conferma la possibilità di tutelare il trade-dress e il layout di un punto vendita e rimette in discussione i criteri di applicazione del risarcimento del danno.
La Suprema Corte di Cassazione, I sez. civ, con la decisione n.8433 del 30 aprile 2020 ha confermato la tutelabilità di un progetto di arredamento di interni ai sensi delle norme sul diritto d’autore ai sensi dell’art. 2, n. 5 l.a., pertanto senza la necessità di applicare il requisito del valore artistico previsto per le opere di industrial design. La decisione è degna di nota anche per aver riaffrontato il tema dei criteri di liquidazione del danno. A tal proposito, la decisione della Corte d’Appello impugnata, aveva confermato la valutazione del Tribunale, che aveva stimato il danno subito da KIKO in Euro 700.000,00; tale somma veniva determinata moltiplicando per dieci, il compenso corrisposto dalla KIKO, al progettista Studio Iosa Ghini. La ricorrente lamentava un vizio di violazione di legge in ordine al criterio di liquidazione equitativa del danno da lucro cessante.
Sul punto il giudice di legittimità ha affermato che in tema di diritto d’autore, la violazione di un diritto d’esclusiva che spetta all’autore ai sensi dell’art. 12 della I. n. 633 del 1941, costituisce danno “in re ipsa”, analogamente a quella di un diritto assoluto o di un diritto personale, pertanto al danneggiato non incombe altra prova che non quella della sua estensione
(Cass 12954/2016; Cass. 8730/2011; Cass. 14060/2015; Cass. 3672/2001).Nel caso in esame il criterio li liquidazione del danno adottato dai giudici di merito è stato ritenuto arbitrario in quanto non basato sulla “ somma che l’utilizzatrice WYCON avrebbe dovuto pagare a Kiko per acquistare i diritti correlati allo sfruttamento del concept store, ma la somma che, in unica soluzione, Kiko aveva liquidato, quale committente, all’autore del progetto di architettura, e come moltiplicatore un’unità (dieci), del tutto arbitraria.” Il rilievo pare condivisibile e il criterio dovrà essere rivalutato.